Afghanistan: la perdita economica e di credibilità degli Stati Uniti

L’occupazione americana dell’Afghanistan è fortunatamente finita e il modo in cui si è conclusa è l’esatta dimostrazione di uno sforzo che era stato completamente fuorviato. Gli Stati Uniti si sono ritirati nel cuore della notte, senza avvertire i loro alleati e lasciandosi alle spalle uno stato fantoccio in rapido collasso, uno stato istituito e poi sostenuto per due decenni, al costo di 2,26 trilioni di dollari. Per darvi un’idea di questi numeri, la popolazione dell’Afghanistan è di 38 milioni; il reddito annuo pro capite è di 581 dollari. Moltiplicando le due cifre e il totale per 20 anni, otteniamo 441,56 miliardi di dollari. Così, la spesa degli Stati Uniti per l’Afghanistan ha superato di cinque volte il PIL del Paese!

E qual’è stato il rusultato? Beh, mentre era sotto il controllo degli Stati Uniti (in molti casi più fittizio che reale) l’Afghanistan è diventato responsabile del 90% dell’offerta mondiale di oppio, per un valore di circa 58,5 miliardi di dollari all’anno. Anche come schema corrotto per usare i fondi del governo per arrivare ai soldi sporchi della droga, l’impresa dell’Afghanistan è stata pietosamente e pateticamente inefficace, e questo è probabilmente il motivo per cui l’argomento non viene quasi mai trattato. Essere governati da un governo mafioso può non essere particolarmente vergognoso per persone che non provano vergogna, ma essere governati da un governo mafioso che non riesce nemmeno a procurarsi l’inchiostro è, tra i ladri, il massimo disonore.

Forse un disonore ancora maggiore è il lasciarsi alle spalle decine di persone che i Talebani considerano collaboratori americani: traduttori e altro personale di servizio reclutato e impiegato dalle forze USA e NATO in Afghanistan negli ultimi due decenni. Una cosa onorevole da fare sarebbe quella di trasferirli negli Stati Uniti e dare loro un posto dove vivere e una pensione. Una cosa disonorevole da fare è ciò che gli Stati Uniti fanno di solito in tali circostanze: abbandonare i propri alleati non appena diventano inutili. Il mondo intero sta guardando e la lezione che stanno imparando è questa: gli Stati Uniti sono in rapida e caotica ritirata, ed è palesemente insicuro essere alleati degli Americani o, peggio ancora, collaboratori degli Americani.

Ma queste importanti considerazioni sono state ignorate. Ciò di cui si parla invece è… il rumore del silenzio. Joe Biden ha recentemente lasciato intravedere il suo vuoto mentale quando ha detto: “Siamo andati [in Afghanistan] per due motivi: per… per…” Poi si è bloccato, con lo sguardo perso nel vuoto e, alla fine, se n’è uscito con due pretesti: prendere Osama Bin Laden (all’epoca un alleato degli Stati Uniti che si trovava in Pakistan a godersi tranquillamente la pensione della CIA e che viveva nei pressi di un’accademia militare) e combattere il terrorismo (che ora è un problema peggiore che mai).

Da tutto questo potremmo concludere che l’ingresso degli Stati Uniti in Afghanistan e la loro permanenza per due decenni è stato un errore tremendo e, sicuramente, lo è stato, ma questo non spiega perché l’errore sia stato fatto. Perché gli imperi, specialmente quelli morenti, sono attratti dall’Afghanistan come falene dalla fiamma? L’argomento di studio che segue è tratto dal mio libro The Five Stages of Collapse. Riguarda i Pashtun, ma, per semplificare un po’, i Talebani (che, secondo tutte le indicazioni, presto saranno di nuovo a capo di tutto l’Afghanistan), che sono di etnia pashtun (negli ultimi tempi hanno reclutato molti Tagiki etnici, ma questo non cambia la loro natura di base).

Oltre a soddisfare un interesse per la politica estera degli Stati Uniti, la storia dell’Afghanistan, e dei Talebani, offre una preziosa opportunità per una modifica del vostro atteggiamento. Potreste non avere un’alta opinione di loro; invertendo le parti, quello che loro pensano di voi è che dovreste stare zitti, andarvene e restare fuori [dall’Afghanistan]. Potreste essere tentati di esporre loro i vostri teneri sentimenti sulla libertà, la democrazia, i diritti umani, il progresso sociale e tecnologico, l’ambientalismo, l’uguaglianza di genere e i diritti riproduttivi delle donne. Ignoreranno tutto questo come ciance idiote e infantili.

È probabile che la vostra intera civiltà si sbricioli in polvere e non ne rimanga, nulla tranne qualche tondino arrugginito che spunta dalle crepe del cemento, e loro saranno ancora lì, come sempre. La vostra sfida è imparare a rispettarli, sapendo bene che loro non avranno, mai e poi mai, rispetto per voi.

Un caso di studio: I Pashtun

Tra i molti spazi non governati del mondo, ce ne sono pochi così duraturi e capaci di resistere all’implacabile assalto degli imperi come le aree tribali pashtun, che si trovano a cavallo del poroso, e in gran parte fittizio, confine tra Afghanistan e Pakistan, compresa l’area tribale pachistana del Waziristan. Per gli invasori, questa è una fortezza invisibile ma inespugnabile, che ha resistito a tutti i tentativi delle autorità governative centralizzate di imporre la loro volontà. In questo caso, il termine “non governato” è, come al solito, male utilizzato: i Pashtun hanno un sistema alternativo di governo le cui regole impediscono l’istituzione di qualsiasi autorità centralizzata. Con oltre quaranta milioni di persone, sono uno dei più grandi gruppi etnici del pianeta. La loro capacità di resistere agli Inglesi, ai Pakistani, ai Sovietici ed ora agli Americani/NATO si è dimostrata una delle più grandi storie di successo anti-imperialista del nostro pianeta. Di cosa è fatto il guscio di questa noce così difficile da rompere? Questa è una domanda interessante, ed è il motivo per cui ho deciso di includere un’esposizione sui Pashtun, la noce più dura di tutte le noci tribali

Una domanda altrettanto interessante da porsi è: cos’è che ha costretto una successione di imperi a continuare con inutili tentativi di rompere questa noce, sprecando vite e fortune per cercare di conquistare un pezzo di terra aspro, ferocemente indipendente, inaccessibile e per lo più senza valore? Non sarebbe stato molto più semplice lasciare in pace i Pashtun e continuare ad usare i fucili contro dei Pigmei armati unicamente di frutta matura? La compulsione a conquistare e sottomettere non è affatto nuova e le tribù hanno continuamente conquistato e sottomesso altre tribù fin dalla preistoria, ma con l’emergere degli imperi globali sembra essere stato introdotto un nuovo elemento: l’assoluta intolleranza della completa indipendenza.

Ogni pezzettino del pianeta, non importa quanto piccolo, deve essere assegnato ad uno stato riconosciuto a livello internazionale, legato ad altri stati da trattati e relazioni statali. L’ordine politico globale non riesce a tollerare una sola macchia bianca sulla mappa politica. Il suo imperativo sembra essere quello di costringere ogni singolo gruppo di esseri umani a sedersi almeno ad un tavolo delle trattative, dove i più potenti (o quelli che pensano di esserlo) hanno sempre il sopravvento e a firmare documenti giuridicamente vincolanti. L’esistenza di una qualsiasi macchia bianca rappresenta una minaccia esistenziale per l’intero sistema, ed è per questo che gli sforzi per eliminarla sono spesso sproporzionati al suo valore o alla sua minaccia. Come alieni dallo spazio, i grandi imperi piombano qui e dicono: “Portatemi dal vostro leader!” E se non c’è un leader, e se l’unica forma di politica estera che questa particolare tribù ha sviluppato può essere esaustivamente descritta dalla frase “andate via e lasciateci in pace,” allora ne deriva inevitabilmente un malinteso e le cose finiscono male per entrambe le parti. Nominare un tirapiedi locale che firmi documenti legalmente vincolanti per conto del territorio non governato, che dovrebbe comportarsi come uno stato nazionale, non funziona.

Sembrerebbe che lo stato non possa imporre la sua autorità su un certo territorio se il sottostante sistema locale di governo, che non è gerarchico, auto-applicativo e decentralizzato, ha la tradizione di unirsi al solo scopo di coalizzarsi contro le minacce esterne e il costume, altrettanto forte, di cercare di vendicare tutte le morti che ritiene ingiuste (come, per esempio, quella di un familiare ucciso da un drone Predator americano). Questo è il caso dei Pashtun. Il loro antico ed eterno codice di condotta è il Pashtunwali, o “La via pashtun.” La ragione per seguire il Pashtunwali è essere un buon Pashtun. A sua volta, ciò che ogni un buon Pashtun deve fare è seguire il Pashtunwali.

È un assioma auto-rinforzante perché ogni Pashtun che non segue il Pashtunwali non è in grado di assicurarsi la cooperazione degli altri Pashtun, e la cosa provoca un’aspettativa di vita molto bassa, perché l’ostracismo di solito equivale ad una condanna a morte. Tra i Pashtun non esiste il diritto alla vita, esiste solo la ragione per non uccidere qualcuno lì per lì. Se questo vi sembra assurdamente spietato, allora cosa vi aspettavate? Un viaggio a Disneyland? Inutile dire che i Pashtun non possono essere sedotti con offerte di progresso sociale e sviluppo economico, perché non è questo lo scopo del Pashtunwali. Lo scopo del Pashtunwali è quello di perpetuare il Pashtunwali, e sembra riuscirci molto, molto bene.

La società pashtun è classificata come segmentaria e acefala (senza leader). Le principali figure dell’autorità sono gli anziani (malik) che servono un capo tribale locale (khan), ma le loro posizioni di comando rimangono sempre subordinate al fatto di mettere al primo posto gli interessi della tribù. Tutto il processo decisionale è basato sul consenso, il che limita fortemente il campo d’azione unitario. Tuttavia, di fronte ad una minaccia esterna, i Pashtun sono in grado di nominare un dittatore e di servirlo con assoluta obbedienza, fino a quando la minaccia non si estingue.

Il Pashtunwali definisce i seguenti concetti chiave: l’onore (nang), che impone di agire, indipendentemente dalle conseguenze, ogni volta che il Pashtunwali viene violato. È lecito mentire e uccidere per proteggere il proprio nang. La vendetta (badal) richiede “occhio per occhio” in caso di ferite o danni, ma, soprattutto, permette il pagamento di un riscatto per evitare spargimenti di sangue. L’incarcerazione è considerata inaccettabile e ingiusta in qualsiasi circostanza. È vista come un’interferenza con la giustizia, poiché complica il conseguimento della vendetta e preclude il pagamento di un riscatto.

Questo è il motivo per cui l’Afghanistan è stato teatro di spettacolari fughe dalle prigioni, dove centinaia di detenuti vengono liberati in un unico attacco in stile militare; l’obiettivo degli aggressori non è solo quello di liberare i prigionieri, ma anche quello di ucciderli o di guadagnare soldi restituendoli [alle famiglie]. La legge dell’ospitalità (nanawatai) esige che ogni Pashtun debba accogliere e dare asilo a chiunque lo chieda. È una questione di nang, l’ospite deve essere tenuto perfettamente al sicuro e al riparo da ogni danno mentre è ospite. Una volta superata la soglia e non più ospite, può essere ucciso a proprio piacimento, se tale azione è necessaria. Le leggi contro l’ospitare i fuggitivi, il reato di complicità, l’ostacolare le indagini ufficiali e così via sono prive di significato e i tentativi di farle rispettare provocano automaticamente una badal.

L’organo di governo locale pashtun è la jirga, che viene convocata solo in occasioni speciali. Ha le sue radici nella democrazia ateniese, anche se alcuni studiosi sostengono che sia precedente. I partecipanti si dispongono in cerchio e tutti hanno il diritto di parlare. Non c’è nessuno che presiede, in accordo con il principio che nessuno è superiore di fronte al Pashtunwali. La decisione si basa sul consenso della maggioranza. Coloro che sfidano la decisione della jirga si espongono all’incendio doloso e all’omicidio, ufficialmente sanciti. È significativo che la jirga non permetta la rappresentanza: è una democrazia diretta e non rappresentativa. È anche fondamentale [capire] che la jirga si riserva il diritto di ripudiare qualsiasi accordo precedentemente stipulato, rendendo impossibili relazioni statali-giuridiche basate su trattati con i Pashtun. Infine, solo coloro che seguono il Pashtunwali possono partecipare ad una jirga; tutti gli estranei sono automaticamente esclusi.

Questo dovrebbe darvi un’idea del perché il Pashtunwali rappresenti un problema ingestibile per qualsiasi impero che voglia dominare i Pashtun. Ora diamo brevemente un’occhiata alla lunga e intricata storia di tali tentativi.

Gli imperi si rompono i denti

Il primo impero moderno a scontrarsi con i Pashtun era stato quello britannico, che, ottimisticamente, aveva cercato di imporre loro il codice penale indiano. Quando i Pashtun si erano rifiutati di riconoscere questo codice, la conseguenza era stata una notevole quantità di carneficine. Gli Inglesi avevano allora abbandonato i loro tentativi di imporre un sistema di giustizia ed erano ricorsi a mezzi amministrativi tentando, con la loro politica del confine chiuso, di segregare le tribù delle pianure da quelle delle montagne.

Questa politica non era riuscita a fermare la carneficina ed era stata abbandonata dopo trent’anni. Alla fine, gli Inglesi erano dovuti scendere ad un compromesso, riconoscendo la legge tribale pashtun. Poi, dopo essersi abbondantemente dissanguati, se ne erano andati in fretta e furia, lasciando i Pashtun ai Pakistani, dediti anch’essi alla pratica del compromesso. Il movimento talebano, a maggioranza pashtun, era stato riconosciuto dal Pakistan. Il Pakistan si era limitato a permettere l’autogoverno pashtun fino all’11 settembre 2001. Da allora è stato costretto ad almeno fingere di imporre l’autorità ai Pashtun, per far finta di cooperare con i suoi alleati americani, anche se oggi rimane poco di questa cooperazione.

I sovietici erano piombati in Afghanistan nell’incauto tentativo di difendere il socialismo contro le tendenze controrivoluzionarie regressive, secondo la dottrina Brezhnev. Avevano fatto un futile tentativo di sradicare le identità etniche e religiose attraverso una strategia di repressione, ed erano riusciti, per un certo periodo, a consolidare il controllo delle aree urbane mentre la resistenza, prevalentemente pashtun, stabiliva punti d’appoggio sulle colline che circondano la capitale Kabul.

Avevano anche bombardato senza sosta il confine tra Afghanistan e Pakistan per creare una terra di nessuno. Nel fare questo, avevano fallito alla grande, dando vita ad un’enorme crisi di rifugiati, assicurando così ai loro nemici un ampio sostegno internazionale. Una volta che, grazie agli sforzi della CIA (che operava a stretto contatto con Osama bin Laden) i Pashtun erano stati dotati di missili antiaerei Stinger, i sovietici avevano gradualmente perso la capacità di continuare la loro campagna aerea.

Anche lo sforzo dei sovietici di conquistare i cuori e le menti dei Pashtun era stato un fallimento spettacolare. Il Pashtunwali obbligava alla vendetta per le azioni militari dei sovietici anche i Pashtun meno intransigenti. I pochi anziani che i sovietici erano riusciti a cooptare con l’intimidazione o la corruzione avevano rapidamente perso il sostegno dei loro seguaci. I sovietici si erano ritirati nel 1988, dopo aver fatto zero progressi e avendo perso la volontà politica di avere successo. Era stato un conflitto costoso e senza benefici.

Gli Americani (e alcune truppe della NATO) stanno attualmente ripetendo l’esperimento sovietico, con risultati molto simili. Ecco un piccolo fatto per illustrare questo punto: il 18 marzo 2012, Hamid Karzai, il presidente dell’Afghanistan imposto dagli Americani e di etnia pashtun (ma un evidente apostata del Pashtunwali) aveva denunciato gli Americani come “demoni” impegnati in “atti satanici.” Gli Americani avevano reagito rapidamente… non dicendo nulla e facendo ancora meno. Poi avevano tirato fuori qualche giornalista robotizzato e gli avevano fatto dire che l’Afghanistan era ancora, potenzialmente, “una buona guerra.” Così, il risultato dell’invasione americana dell’Afghanistan è prevedibile: gli Americani faranno finta che non sia mai successo nulla. Quando saranno costretti a discuterne, rimarranno delusi. Ma, per lo più, non apparirà nei notiziari e gli Americani non sapranno, né si preoccuperanno, di quello che succede lì. All’inizio, gli Stati Uniti erano andati a tentoni in Afghanistan, con l’illusione di trovarvi Osama bin Laden (mentre, se si crede alle notizie, Osama era in Pakistan, e viveva tranquillamente vicino ad un collegio militare). Se degli aerei di linea inizieranno nuovamente a schiantarsi contro i grattacieli, è probabile che qualche altra tribù venga “bombardata fino all’età della pietra.”

Un approccio che funziona

È difficile, ma non impossibile, coinvolgere costruttivamente i Pashtun: in tempi migliori, i Pakistani ci sono andati vicino. Avevano offerto con liberalità quei pochi, importanti doni che i Pashtun erano disposti ad accettare e ad apprezzare. Avevano offerto ai Pashtun un senso di partecipazione, dando loro un pubblico e una voce. Avevano fornito un orizzonte temporale illimitato per coinvolgere i Pashtun come vicini permanenti, costruendo legami tradizionali e relazioni a lungo termine. Queste attività erano basate sulla comprensione che i tentativi di imporre l’ordine senza un’autorità legittima sono destinati a fallire, insieme alla consapevolezza che con i Pashtun qualsiasi autorità legittima deve necessariamente venire dall’interno e rimanere autonoma e decentralizzata.

Una parte del successo di un simile approccio è il fatto che il Pakistan è uno stato debole e con risorse limitate. Ma, finché ci saranno potenti imperi militari che si aggirano sul pianeta (auguriamoci non per molto) dovremmo aspettarci che, prima o poi, uno di loro arrivi e che, proprio come quelli che l’avevano preceduto, si rompa i denti con il Pashtunwali. Potreste pensare che dovrebbero aver imparato dagli errori altrui, ma ecco una semplice regola da ricordare: l’intelligenza di un gruppo di persone organizzate gerarchicamente è inversamente proporzionale alla dimensione del gruppo e i potenti imperi militari sono così grandi, e di conseguenza così stupidi, che non impareranno mai e poi mai.

Dmitry Orlov

Fonte: cluborlov.com

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